Il metaverso e i pericoli di sicurezza per le aziende

In questi ultimi mesi nel mondo dell’Information Tecnology è in gran voga il Metaverso, termine diventato ancora più ricorrente da quando Mark Zuckerberg ha cambiato il nome dell’azienda che comprende Facebook e tante altre realtà in Meta. Ma cos’è il metaverso è perché è considerato così importante per aziende, pubbliche amministrazioni e per l’industria? Realtà Virtuale, Realtà Aumentata, Avatar, la diretta evoluzione dell’internet in una nuova piattaforma virtuale sono componenti del metaverso, termine coniato nell’ormai lontano 1992 dallo scrittore Neal Stephenson per definire l’ambiente virtuale in cui vive il protagonista del romanzo Snow Crash. Chi ha visto il film distopico “Ready Player One” diretto da Steven Spielberg avrà un’idea più o meno precisa del concetto di metaverso, anche se si spera che quello reale sarà ben diverso da quello raccontato nel visionario film del regista statunitense.

Per entrare nel metaverso sono necessari occhiali AR o visori come l’Oculus di Meta, ma in realtà è possibile averne un assaggio con smartphone sufficientemente potenti per gestire la Realtà Aumentata.
Nel metaverso, invece di cliccare per avviare Skype potremo seguire una riunione di lavoro circondati da mura virtuali e in presenza degli avatar dei nostri colleghi, che però si trovano a decine di chilometri di distanza. Potremo fare shopping spostandoci in un supermercato ricreato in 3D o ritrovarci in una sala cinematografica virtuale per vedere un film con gli amici, mentre in realtà siamo seduti nel salotto di casa. Fantascienza? In realtà no. Benché saranno necessari ancora anni prima che il metaverso raggiunga un completo sviluppo le basi sono ben salde e sono ormai decine le aziende che stanno investendo enormi quantità di denaro per svilupparlo: Meta, Alibaba, Nike, EpicGame e Microsoft sono solo alcuni dei grandi nomi interessati a questa piattaforma.

Di fatto stiamo assistendo a nuova corsa all’oro, per aggiudicarsi la tecnologia migliore e le posizioni di primo piano. Ma il punto è: chi controllerà il metaverso? Sarà un’infrastruttura libera com’è internet o ci saranno diverse piattaforme gestite da privati, aziende e governi? I non addetti ai lavori potranno ritenere queste previsioni impossibili da realizzare al momento, ma la realtà dei fatti è che questa rivoluzione digitale sta già avvenendo e le istituzioni dovranno accelerare il passo per prevedere “come” e “quando” questa transizione inizierà a causare problemi.

Il metaverso non dovrà e non potrà essere il far west degli anni 2000, la nuova frontiera digitale da conquistare, ma dovrà essere ben delimitato da regole e divieti. Pensiamo solo all’impatto che avrà su regolamenti come la GDPR e sulle linee guida per la sicurezza informatica che andranno per forza riscritte. Secondo le stime, il mercato legato al metaverso varrà oltre 900 miliardi di dollari entro il 2024. Sarà fonte di reddito e di guadagno per le aziende che creano componenti e dispositivi per accedervi e che sviluppano il software che gestirà le piattaforme. La previsione è che in pochi anni diventerà fondamentale anche per le aziende private, per la vendita e la pubblicità dei loro prodotti, per la gestione degli spazi di lavoro virtuali in cui i nostri avatar (ovvero le nostre copie virtuale) potranno agire e interagire con altre persone e colleghi.

Immaginiamo un’azienda di prodotti alimentari: il metaverso potrebbe essere usato per mostrare in modo realistico i processi produttivi in ambienti 3D perfettamente ricreati agli investitori dall’altra parte del mondo. Così come i clienti potrebbero entrare nel negozio virtuale e spostare nel carrello le scatole dei prodotti da acquistare mentre assistono a una rappresentazione 3D realistica dei piatti che si possono cucinare. Allo stato attuale delle cose, ci basta un iPhone per scaricare un’app in Realtà Aumentata creata da un noto marchio svedese che ci permette di posizionare il mobile che vogliamo acquistare nel nostro ambiente domestico, semplicemente inquadrando la stanza dalla fotocamera dello smartphone. Ci sono negozi virtuali gestiti da app in cui entriamo, scegliamo delle scarpe e inquadrando con la fotocamera i nostri piedi avremo una perfetta rappresentazione delle scarpe indossate. Il passo successivo sarà quello di creare avatar che rispecchiano le nostre fattezze, le forme e le dimensioni e che siano caratterizzati dai nostri dati come nome, cognome, numero di Carta d’Identità.

Come ogni tecnologia appena abbozzata le preoccupazioni relative al metaverso sono evidenti e ovviamente non ci stiamo riferendo solo agli effetti psicologici e sociali che potrebbe indurre un eccessivo uso della piattaforma. I problemi concreti sono quelli legati alla cybersicurezza e alle infrastrutture, elementi che preoccupano non poco gli esperti del settore. Si tratta di una situazione che esige che le aziende che si occupano di sicurezza informatica e della fornitura dei servizi arrivino preparate all’appuntamento. In un Paese come il nostro, dove il digital divide è ancora ben presente e le pubbliche amministrazioni (nella maggior parte dei casi), si appoggiano su infrastrutture obsolete il problema potrebbe manifestarsi con un grande impatto.

Chi fornisce servizi dovrà essere pronto a gestire una mole di dati enormemente superiore a quella attuale, i firewall saranno sottoposti a carichi di lavoro stressanti e i servizi cloud su cui si appoggeranno le piattaforme per i servizi attivi nel metaverso, dovranno garantire un funzionamento allo stato dell’arte. La tutela della privacy, le contromisure per bloccare il furto delle informazioni e delle identità digitali saranno di fondamentale importanza. Se al giorno d’oggi è semplice create una falsa identità virtuale con i dati che gli hacker setacciano dal web, immaginiamo quanto sarà semplice creare il duplicato di un avatar virtuale di una persona. Consideriamo poi che il metaverso sarà legato a doppio filo al mondo delle criptovalute e che le aziende dovranno mettere in campo sistemi di sicurezza avanzati per bloccare i cybercriminali pronti a impossessarsi dei wallet e delle chiavi di accesso.

Al giorno d’oggi uno dei pericoli maggiori per le aziende sono le email di phishing non riconosciute dal personale, una situazione che, con un corso di formazione ad hoc come quelli proposti da Hypergrid, potrebbe essere facilmente risolta. Ora pensiamo al futuro e immaginiamo quali saranno i problemi nel trattare e gestire documenti completamente digitali o aprire missive contenenti vettori di attacco per la piattaforma virtuale senza la giusta formazione. Se i Deep Fake audio e video con le rappresentazioni fasulle dei colleghi vengono usati insieme alle tecniche di social engineering per far rivelare informazioni aziendali ai dipendenti, pensiamo al problema di un avatar (perfettamente clonato da un pirata informatico), che assume le fattezze di uno dei responsabili dell’azienda per impartire direttive e rubare soldi e informazioni. C’è poi l’evidente pericolo per la compromissione dell’integrità dei dati: con il passaggio a una nuova tecnologia è sempre difficile individuare quali informazioni potrebbero essere esposte ai malintenzionati.

Infine, c’è il problema che gli esperti considerano ancora più pericoloso di quelli citati fino a questo momento, viene definito come FOMO (fear of missing out) ovvero la ricorsa al metarveso per paura di esserne tagliati fuori senza la necessaria preparazione per affrontarlo. Proprio per questo motivo le aziende come Hypergrid sono e diventeranno fondamentali per la difesa degli spazi virtuali
e per la protezione dei server da attacchi e dai furti di dati eseguiti con le nuove tecnologie.

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